Padri e figli – Parte 2

di Vale AlbaDiggi

 

Centro ricerche OsCorp di Portland, Oregon

La figura nera scivolò nel laboratorio, confondendosi perfettamente con le ombre. I suoi movimenti erano silenziosi, una precauzione necessaria, dato che i medici dello stabilimento avevano sorpreso Dusk in quell’ambulatorio. Stavolta però era deserto. Stringendola nella mano, l’uomo distrusse l’ultima telecamera.

- Ciao David. – fece Ben, accarezzando la culla termica in cui il bambino riposava – Non…è…non è la prima volta che ti vengo a… - no, era troppo difficile parlare con quella maschera nera.

- Scusami. – disse, sfilandosela – Oggi Helen…la donna con cui vivo, è andata ad un colloquio di lavoro. Dice di non voler tornare in quel negozio, la capisco, dopo quello che le è successo. Comunque…ho pensato di venirti a trovare, di parlarti… -

Dal piccolo volto i respiri uscivano a fatica, eppure aveva ancora le fattezze di un bimbo che dorme.

-…sono il tuo papà, David. Dovevo venire. Sai, un sacco di cose nella mia vita stanno andando a rotoli, ma non lascerò che tu…non per colpa mia. Non così, campione, non devi lasciarmi. Tieni duro, papà troverà un modo per rimettere le cose a posto; la mamma sta bene, non sono riuscito a contattarla, ma sono certo che sta bene. – Socchiuse gli occhi, facendo scorrere le lacrime. Poi fece scivolare le dita sulla cartella clinica del figlio, individuando con facilità i sintomi, così simili a quelli di Kaine e degli altri cloni.

- Vedi, il tuo codice genetico deriva da una copia di quello di Peter e da un genoma umano. Già per la piccola May le cose sono state difficili, all’epoca, con te era inevitabile. È…è colpa mia. È solo colpa mia. -

 

San Francisco, Telephone Advance Company

L’ufficio sembrava immenso, forse perché la parete di fondo era in realtà una grande finestra su Frisco, il che faceva convergere il punto di fuoco verso il cielo. Helen si sentiva così scioccamente ansiosa, mentre quell’uomo, giovane e abbronzato, esaminava il suo curriculum, praticamente inesistente.

- Beh, non è che ci siano validi motivi per assumerla come telefonista, signorina Spacey. – concluse alla fine.

- Signore…io, mi farò valere, se lei vorrà assumermi. Insomma, capisco che… -

- Non mi fraintenda, non metto in dubbio la sua voglia di lavorare, ma in un ufficio ci sono altre priorità. -

- Mi scusi, non la seguo. -

- Ecco vede, - e nel dire questo, l’uomo accavallò le gambe e le poggiò sulla scrivania – lei è una donna molto bella, sa? Mi confonde parlare con lei, mi…agito. -

- S…se…se il colloquio deve…prendere questa… -

- Mi trovi attraente? – 

- La prego non… -

- Una donna molto bella deve saper prevedere che un uomo come…come me possa farle delle avance, e deve decidere cosa le conviene fare in questo caso. Capisci Helen?

- C…cosa…vi fa pensare…che io sia così indifesa? -

- Prego? -

- Cosa fa pensare a voi uomini che io sia così indifesa? -

- Io veramente… -

- Lei è un porco. Un maiale, un relitto sociale che va alla deriva della sua perversione. Per quanto lo nasconderà a sua moglie e ai suoi figli? Fino a quando non le verrà meno il lavoro e con esso la protezione di qualche avvocato, certo. E allora che farà? Si guadagnerà il trafiletto su un giornale come il Times, gettandosi dall’ultimo piano della sede della sua compagnia fallita! -

- Io…vada fuori…lei non sa cosa…non le ho detto nulla, ha capito? NULLA! Non tenti questi mezzucci, sono un uomo integerrimo, tutti lo… -

- Le fa paura l’inferno che l’aspetta, vero? Lo sa? La ricopriranno di ragni che la divoreranno, questo accadrà…migliaia di piccole zampette che la martorieranno di colpi, ci pensi…e i morsi. Ah, non sa quanto può essere doloroso il morso di un ragno. Non ha idea di ciò che può fare il morso di un ragno. -

L’altro non si mosse, affondato dalle parole di Helen nella poltrona, si pentì di aver guardato la casella nubile/sposata per prima, si pentì di essersi scoperto così tanto, ma non di tutto ciò che aveva fatto, condannandosi per sempre.

 

San Francisco, Centro di Detenzione  (7th street)

- Come va il nostro ospite? – chiese Shirley Lennon alla CSI Marie Craiez.

- Sta facendo le bizze da quando l’hanno portato qui. -

Nella stanza accanto, Domingo Guzman tentò per l’ennesima volta di liberarsi di quelle manette ad attrito magnetico. Due magneti giravano, scaricando nella loro interazione la forza che veniva impressa alle due aperture del sistema, vanificando i suoi sforzi, fiaccati dalla droga che aveva nel sangue.

- Tenente Lennon, - fece l’avvocato d’ufficio Bardon da fuori la porta – mi rendo conto dell’entità dei crimini e della pericolosità del soggetto, ma il modo in cui state trattando il mio cliente… - dicendo questo, entrambe le donne entrarono nella stanza. I sensi confusi di Domingo esplosero, luci, colori, odori…

- Rrrrrhhhh… - ringhiò, alzandosi in piedi a fatica e dando un calcio debole al tavolo. Subito saltò sul soffitto, immemore di ciò che gli era accaduto in precedenza, aderendo con i piedi ad esso. Un istante dopo i bracciali si attivarono e rilasciarono una violenta scossa elettrica, facendolo cadere ai piedi delle due.

- Siete…siete carne…carne… - balbettò, allucinato.

- Diceva, avvocato? – fece la Lennon, voltandosi a guardare l’altra.

 

San Francisco, aeroporto

Mentre le porte dell’aeroporto si aprivano, esponendolo all’aria fresca, Ben strinse la valigetta contenente una speranza, un ricordo: campioni di DNA di suo figlio. Quel bagaglio sembrava pesare enormemente anche per un uomo che avrebbe potuto sollevare una macchina senza sforzo. Persino la sua forza sembrava peggiorare la situazione, tutto quel potere non poteva contemplare anche un tale livello di impotenza. Dopo alcuni passi frettolosi si infilò in un vicolo sufficientemente appartato, dal quale, pochi secondi dopo sfrecciò una figura rosso fiamma. Ben aveva apportato alcuni ritocchi alla sua uniforme, ultimamente, dopo averne quasi distrutta una nello scontro con Franklin Ganaver1. Nulla di serio, un po’ più di blu su braccia e gambe per spezzare tutto quel rosso e i lanciaragnetele di nuovo in vista; in più il ragno era cambiato, era meno filiforme e la forma era decisamente diversa. Ben sapeva di essere soggetto a questi cambiamenti guidati dagli stati d’animo; ricordava quanto era stato complesso scegliere il costume quando assunse l’identità dell’Uomo Ragno; ora di recente la sua vita era stata sconvolta da innumerevoli mutamenti di recente ed essendo stato costretto a cucire un’uniforme da solo (non se la sentiva di spezzare uno dei brevi periodi felici di Helen) era inevitabile che essa mostrasse dei segni di quegli sconvolgimenti. A Frisco, comunque, nessuno ebbe problemi a riconoscerlo, come lui non ebbe difficoltà ad arrivare a casa. La finestra più appartata rimaneva sempre aperta, era una regola necessaria di tutti i supereroi.

- Helen? – chiamò a gran voce atterrando sul tappeto.

- Ciao Ben! – lo accolse la giovane, con un sorriso raggiante.

- Tesoro, com’è andata alla… -

- Oh, lasciali perdere. Non faceva per me. Come va David? -

- David… - cominciò Ben incerto, poggiando i bagagli a terra - …non sta bene. Ho preso dei campioni, voglio vederci chiaro su questa malattia genetica; ma la notizia peggiore l’ho avuta appena arrivato. Il posto non è più un laboratorio TriCorp, la TriCorp non esiste più. È tutto della OsCorp, ormai. Il centro ricerche appartiene a Norman Osborn. –

- Santo cielo…ma si è redento no? Non è più Goblin, giusto? -

- Helen, usa i ricordi di Gwen…Norman non è mai stato un santarellino; mai. -

- Cosa pensi di fare, allora? -

- Prima di tutto devo trovare una cura e…accidenti! È tardi, fra tre quarti d’ora inizia il mio turno. -

- Allora corri… -

- Continueremo a parlare del tuo lavoro, bella. Non pensare di cavartela con un “non faceva per me”, capito? Voglio i dettagli! – gridò l’eroe, saltando fuori dalla finestra con la valigetta legata con un po’ di tela alla schiena.

 

San Francisco, sede del CSI, Palazzo 606 di Hunters Point

Ben sistemò la ventiquattrore nel suo armadietto. Per oggi non sarebbe riuscito a svolgere nessuna analisi, c’era troppa gente e troppo lavoro da fare, ma contava di riuscirci presto.

- Ben, ciao! -

- Buongiorno Steve. Come andiamo al laboratorio analisi? -

- Larry Talenkov, il mio collega, non ti ama. Vuole vederti in azione, ma il fatto che tutti ti osannino… -

- Effetto primo della classe. -

- Pare che tu ci sia abituato. - 

- Più o meno, Steve. Ora devo scappare, ci vediamo al laboratorio. -

Il tenente Lennon stava dando le ultime direttive ad un paio di analisti del DNA, quando Ben entrò nella stanza. I suo colleghi erano tutti lì, loro erano puntuali.

- Bene, ora che Ben è arrivato, possiamo cominciare. – disse la Lennon – Allora, abbiamo raccolto delle informazioni importanti sul nostro ospite. Jeff? -

- Si, dunque…è stato difficile prendergli le impronte digitali. Tarantula si è opposto con il suo potere adesivo, vanificando i miei sforzi fino a quando non lo abbiamo sedato. Ad ogni modo, il PID1 conferma che si tratti di Domingo Guzman, condannato per reati contro il popolo e lo stato delvadiano, e adesso anche per evasione. –

- I delvadiani saranno felici di riavere il fuggitivo…ma io lo sono un po’ meno, ragazzi. – disse la Lennon – Qui c’entra la politica, per fortuna noi CSI ce ne staremo in disparte. Marie, il medico legale lo ha esaminato? -

- Si, Shirley; sembra che il metabolismo di Guzman sia tale da rendere vani (vane)le droghe che gli diamo, a lungo termine. Abbiamo dato un’occhiata a quegli aculei e abbiamo mandato un campione di veleno al laboratorio. -

- E il grande Ben Reilly cosa ci dice? – fece l’analista, entrando dalla porta.

- Come sai, Larry, Ben è appena arrivato. -

- Già certo. Comunque, sembra che quel siero sia una neurotossina di tipo sconosciuto, ma molto simile a quella delle tarantole. Sul DNA ci stiamo ancora lavorando, ma di certo corrisponde a quello di chi ha ucciso gli agenti sulla scena del crimine. -

- Su come funziona l’aculeo, - intervenne Marie – Styne mi ha già fornito queste lastre, che siamo riusciti a fare a Guzman mentre era drogato. Il problema è che la struttura è completamente nuova, anche per il medico legale. Non sappiamo bene come faccia a comandarle. – dicendo questo, dispose le lastre su un pannello luminoso.

- Ben, - fu Shirley a parlare – hai qualche idea? -

- Io…si, beh, vedete qui? – e indicò un canale formato da alcuni ossi lunghi – È qui che passa l’aculeo. La base deve essere ossea, la punta cheratinosa. Credo si muova all’interno di queste cavità grazie al riversarsi di biossido di carbonio in fenditure fra un osso e l’altro; non so se avete presente…a noi capita quando “scrocchiamo” le ossa delle dita, ad esempio. Comunque per renderlo inoffensivo da questo punto di vista, mi sembra necessario bloccargli le articolazioni della caviglia, che credo facciano scattare il meccanismo. -

- Vedremo di metterla in pratica. – disse la Lennon. - Ora, venite con me, voglio assistere al suo interrogatorio. -

 

San Francisco, luogo imprecisato

- Guzman non è un buon elemento, questo l’ha già dimostrato! – gridò l’anziano.

- Ma ha già dimostrato il suo valore… -

Taci…

Non dovresti parlare…

Ascolta.

È un traditore. Non ti consiglierà bene.

Lui vuole essere te.

- Sei così assente, a volte. Di nuovo i tuoi problemi? -

- No…no, ma dobbiamo portarlo via. Sa troppe cose. -

- Va bene, ma per assaltare un centro di detenzione come quello di Alcatraz (lo sai, no? -_^) non serviranno eserciti. Basterai tu, Tarantula Nera. -

 

San Francisco, Centro di Detenzione (7th street) -

- È di sicuro il posto più sicuro per tenere un prigioniero di tale importanza. – fece Marie, guardando attraverso lo specchio truccato

- Non credo che il carcere abbia le strutture adatte alla sua incarcerazione. – disse Ben.

- Non sarà la Volta, ma è l’unico al passo con i tempi qui a Frisco. La gente non si aspettava questo arrivo in massa di super-tizi, ma lo sceriffo è riuscito a farsi mandare dei vecchi modelli dei congegni di detenzione usati a New York. – rispose la ragazza.

- Ehi, colleghi…in questa città c'era Alcatraz! E c'è ancora, anche se è un museo...– fece Jeff, per sdrammatizzare – È come dire Sing Sing, o roba del genere. State tranquilli, sanno organizzare le prigioni a Frisco.- I due lo squadrarono dall’alto in basso – Come non detto. -

Ben si rese conto che gli piaceva quella vita; si stava ambientando velocemente e la cosa lo sorprendeva, ma sentiva che era giusto così e decise che avrebbe lasciato che accadesse senza cercare neanche di rendersene conto.

Quando portarono il prigioniero, ogni distrazione svanì, e gli esperti si concentrarono sulla scena all’interno. 

- Domingo -  fece lo sceriffo nella sala – Sei ricercato per reati contro il popolo Delvadiano, per evasione, omicidio…adesso aggiungi un pluriomicidio alla tua lista? -

- Cosa? Pensate che abbia ucciso i miei uomini? – fece l’uomo in calzamaglia.

- Una cosa alla volta; i tuoi uomini? -

- Eravamo compagni… -

- Non vuoi dirci cosa trasportava la nave? -

Silenzio. Le droghe non avevano indebolito la psiche di quell’uomo; per di più, il suo metabolismo le aveva eliminate già da un paio d’ore.

- Poco male. Sappiamo che trasportavate droga. Era ancora lì. Chi vi ha attaccati? -

Guzman lo guardava con aria di sfida. Privato della sua maschera, il suo sguardo era identico a quello di una belva in gabbia.

- Ascoltami, Guzman! Sei accusato dell’uccisione di dodici agenti…questa reticenza non ti gioverà. Hai l’ergastolo garantito, qui, la pena di morte praticamente assicurata, se non in questo paese, in Delvadia. Non ci sarà asilo, non verrai aiutato. -

- Sceriffo… - disse l’avvocato di Guzman - …le consiglio di abbassare i toni dell’interrogatorio. Il mio cliente sta… -

- Le prove ci dicono che non è stato lui ad uccidere i trafficanti di droga. – disse il tenente Lennon, accanto al vicesceriffo – Viceversa, io e i miei uomini siamo pronti a testimoniare a proposito della aggressione pervenuta nei nostri confronti, per di più, abbiamo analizzato il veleno che ha ucciso gli agenti e corrisponde a quello prodotto dall’organismo del suo cliente, ed è già stato riconosciuto colpevole nel suo paese. Le previsioni dello sceriffo non sono così avventate. – poi bisbigliò

– Higan, abbassa i toni…non siamo sicuri di poter trattenere Guzman. -

- Non vi dirò nulla! NULLA! – gridò Tarantula – Ragionate…chiunque ci abbia aggredito, perché non ha preso la droga o comunque perché non l’ha distrutta? -

- Diccelo tu. – fece Higan

- Vogliono incastrarci. Se l’avessero distrutta o rubata…voi non l’avreste trovata e non avreste cominciato le indagini…era il modo più semplice per fermarci e contemporaneamente infliggerci una grave perdita. -

Ben si chiese cosa avrebbe potuto fare se si fosse accorto dello scontro. Decine di uomini, tutti criminali, in lotta fra loro. Rabbrividì, poi qualcosa prese il posto di quel brivido, un pizzicore potente dietro la nuca. Una guardia chiamò lo sceriffo fuori e Shirley lo seguì.

- Che succede? – chiese il superiore all’agente.

- Signore, un civile sta cercando di entrare. -

- Un intruso? Da dove è passato? -

- Non è passato. È al cancello e chiede di entrare, ma… -

 

San Francisco, Centro di Detenzione (7th street), esterno

La nera figura stava ferma e immobile davanti al videocitofono della grande inferriata. Era minuto, ma imponente, il vento gli gettava polvere sui vestiti, ma lui non accennava a muoversi.

- Può ripetere il suo nome? – fece l’agente di guardia.

- Io sono Tarantula Nera, esigo di parlare con lo sceriffo Higan, per discutere immediatamente il rilascio incondizionato di Domingo Guzman. -

- Signore, lei non è autorizzato ad entrare. Si tolga la maschera e si faccia identificare dagli agenti che la verranno a prelevare. -

- No, grazie. Credo che troverò da me la strada. – commentò l’uomo afferrando con entrambe le mani l’inferriata e sradicandola senza sforzo.

- Fermo! – fece uno degli agenti, ma un raggio ottico lo uccise all’istante. Gli altri puntarono i fucili, ma solo alcuni spararono; gli altri, paralizzati dal terrore, seguirono l’esempio con ritardo.

La pioggia di proiettili lo trafisse da parte a parte, ma ogni ferita guariva all’istante. I caricatori finirono e gli agenti, ritirandosi, spararono gas lacrimogeno per coprirsi la ritirata. Due furono sorpresi da una nera figura che uscì dalle ombre. Uno fu ritrovato all’interno di un muro con il collo spezzato. La maggioranza delle parti anatomiche degli agenti restanti non fu ritrovata integra.

Uno degli ultimi agenti si trovò di fronte il nemico. Tarantula Nera lo afferrò subito alla gola e gli strappò la ricetrasmittente dal giubbotto.

- Chiedo di parlare con lo sceriffo Higan, immediatamente. – disse senza lasciare l’agente che stava terminando la sua riserva d’aria.

- Ci tieni così tanto? Ti assicuro, non è un simpaticone. – fece una voce accompagnata da due leggeri “Thwip”. Due fili di tela si annodarono intorno alle spalle di quella minuta figura. In un attimo, il criminale ne afferrò i capi e strattonò, gettando a terra il Ragno. 

Ha una forza inaudita…pensò Ben, rotolando nella polvere. Non aveva ancora riconosciuto il suo nemico, nel fumo, ma ora finalmente si trovava a pochi passi e la maschera era inconfondibile.

- Io…io ti ho visto morire!2 -

- Tarantula Nera non ti conosce…ma ha già combattuto con personaggi a te molto simili. – la voce inflessibile e altera, ma al tempo stesso giovane, quasi stridula. La voce di un bambino di dieci anni.

Ma che voce…un momento…

- Ma tu… - comincia a dire Ben.

Non può essere!

Recupera Guzman…lui è una distrazione…

Due raggi si proiettarono dagli occhi del criminale verso il Rosso, che riuscì a saltare via in tempo e a sparare una tela contro Tarantula Nera. Ripetendo ciò che aveva già fatto, l’uomo tese la ragnatela verso di sé, interrompendo il salto dell’eroe.

D’accordo Ben…le ragnatele non lo fermano…Un pugno raggiunse il Ragno Rosso, una potenza devastante lo proiettò verso un muro. Il senso di ragno ne segnalava l’avvicinarsi, ma nessun muscolo sembrava voler rispondere. Infine, all’ultimo secondo, Ben riuscì a curvare in aria, e accovacciandosi centrò una finestra invece della barriera di mattoni. I vetri si infransero a terra, mentre Reilly aderiva plasticamente mani e piedi al linoleum.

Ok, ci vuole una strategia. Pensò un attimo prima che il muro venisse dilaniato dalle nude mani del criminale.

- Cosa vuoi? – gridò indeciso Ben.

- Esigo il rilascio incondizionato di Domingo Guzman. -

- Che c’entri con quel mercenario…insomma, a parte il nome… -

- È un argomento che non intendo discutere in questa sede. Sei il Ragno Rosso, giusto? -

- Si. Ascolta… - era così difficile, se veramente quello era chi credeva Ben…come poteva combatterlo? – Non posso lasciarti arrivare a Tarantula. -

- Non puoi opporti. -

Era vero. Quel tizio aveva la forza di Hulk…ad ogni modo il Rosso doveva capire chi c’era dietro quella maschera – F…Fabian? –

Non ascoltarlo…

Quel nome…

Ti tradirà, ricorda l’obiettivo.

Non sei nulla.

Sono io…

Fabian…

NullaNullaNullaNullaNulla

C’erano tante possibilità, tante battaglie combattute. Ramirez avrebbe già ucciso quell’essere scarlatto. Aluino lo avrebbe smembrato crudelmente, senza ritegno. Carlos lo avrebbe ferito, magari smascherato e portato alle soglie della morte. Basilio lo avrebbe sfidato e combattuto in un regolare duello.

- Fabian, sei tu, vero? -

- Ragno Rosso, ti concedo la possibilità di lasciare questo luogo. Prega di non incrociare mai più la mia strada. -

Un bambino. È solo un bambino, pensò Ben, è il figlio di Carlos LaMuerto, l’ultimo Tarantula Nera. Come posso combatterlo? Alla morte del padre ha ricevuto il potere e i ricordi dei suoi predecessori; ma ora perché è divenuto malvagio?

- Fabian…come sei arrivato a questo? -

- Vattene! – fece l’altro in un sibilo.

 Ben per risposta si tirò in piedi, drizzandosi in maniera da far capire che non gli avrebbe permesso di proseguire. Con un urlo disumano, Tarantula Nera si lanciò su di lui.

 

San Francisco, Stork Club

La musica pulsava negli altoparlanti; le luci giocavano con le figure che si contorcevano, generando una grande massa quasi perfettamente sincronizzata nei movimenti, eppure così caotica. Il proprietario amava organizzare le serate come delle maratone di musica e ballo che partivano dalle 16 e finivano verso le 4 del mattino. La nuova figura non tardò ad essere notata. Giovane, bella, il vestito intero, quasi a tubo la distinguevano da tutte quelle donne seminude, che assolutamente non reggevano il confronto con quella. Non sembrava abituata a quel genere di musica, ma di certo era abituata a stare nelle discoteche. Un’unica anomalia: era sola, ballava sola.

- Ciao… - le fece uno, appena lei si sedette - …sei nuova vero? -

- È tutto così diverso… - fece lei, come in trance.

- Beh…io ci vengo spesso…non mi pare… -

- Io non vogliamo rovinare la sua vita, ma per quanto mi riguarda ho già mentito abbastanza. -

- Cosa? Di che parli? -

- Devo rivelarmi e lo distruggerò. La mia amica sa che è così, che è inevitabile, ma non è contenta. -

- Hai un altro giusto? Senti, non voglio mettermi in… -

- Tu non puoi capire, ma la verità verrà rivelata. -

Un attimo dopo la donna stava attraversando la sala a spintoni; il tizio la guardò con gli occhi sbarrati, poi si girò verso alcuni suoi amici ad un tavolo e si portò un dito alla tempia, indicando con il gesto lo stato mentale della sua mancata conquista.

 

 

San Francisco, Centro di Detenzione (7th street), poco distante

Shirley Lennon aspettava notizie dallo sceriffo. Lo aveva lasciato nella sala monitor, per raggiungere la sua squadra.

- Dov’è Reilly? – chiese, dopo poco.

- Si è allontanato una ventina di minuti fa… - disse Jeff – Può non aver retto la situazione di pericolo… -

- L’ho visto uscire da un palazzo in fiamme, con in braccio un ostaggio di un super-folle. No, ho paura che stia facendo qualcosa di stupido. -

- Signori… - disse lo sceriffo Higan entrando - …dobbiamo scortare via Tarantula. Il nemico è già penetrato nella struttura assieme al Ragno Rosso. -

- Vuol dire che stanno combattendo? – chiese Marie.

- Non mi pronuncio sui fini dell’ultimo arrivato. -

- Comunque non credo che Guzman sarà d’accordo, sceriffo. Sfrutterà l’occasione per evadere. – fece notare Jeff. Un secondo dopo, un pugno guantato si infrangeva sul vetro a specchio.

 

San Francisco, Centro di Detenzione (Isola di Alcatraz)

- Non voglio combattere, Fabian… - disse Ben, ma la furia combattiva dell’altro lo interruppe. Schivare quella sequenza di colpi era vitale, un solo pugno era in grado di ucciderlo; poteva evitare i pugni, ma aveva troppo paura di colpirlo, temeva di fargli del male; purtroppo, in un combattimento ravvicinato, il timore di contrattaccare a lungo andare, può nuocere alla salute. Un paio di colpi andarono a vuoto, poi un pugno raggiunse di striscio la tempia di Ben che girò su se stesso; Fabian allora lo colpì allo stomaco con violenza e l’altro cadde a terra, privo di sensi.

Guzman…prendi Guzman…

Le porte blindate non erano un problema, per Tarantula Nera, come pure le pareti. Impiegò poco tempo a raggiungere il suo scopo.

- Domingo… -

La scena lo sorprese. Tarantula si era liberato e aveva preso in ostaggio gli agenti, sceriffo compreso.

- Tu! Pensavo… - fece Guzman.

- Tarantula Nera non dimentica i suoi collaboratori. Ora andiamo. -

- E i nostri ostaggi? -

- Non c’è tempo per questo. -

Marie valutò la possibilità di raggiungere la sua pistola a pochi passi. Shirley notando il suo sguardo cercò di farle capire la sua disapprovazione, ma l’altra era già scattata in avanti.

 

Poco distante

Ben si rotolò su un fianco, cercando di rimettersi in piedi. Tarantula Nera era lì? Non riusciva a distinguere nulla in quel turbinio di immagini, e il senso di ragno si confondeva fra l’emicrania. Quando le immagini si fecero più nitide, gli fu chiaro che era solo.

Dev’essere fuggito…mi cercheranno…

Uno sparo riecheggiò nell’aria.

Oh no…

Correre non era salutare, ma le endorfine cominciarono a fare effetto, fortunatamente.

- Tu…stupida… - stava dicendo Guzman a Marie, tenendola per la gola, ma non finì la frase; si girò di scatto, attutendo appena l’impeto del Ragno Rosso. La lotta era decisamente impari, data la debolezza di Ben, ma almeno Tarantula aveva perso la presa.

- Fermi! – fece Tarantula Nera, in tono perentorio – Domingo, basta! – ordinò, separandoli, poi si rivolse agli agenti – Voi, andate. Tratterrò solo il Ragno Rosso. -

- Non vengo a patti con… - fece lo sceriffo Higan, ma Shirley lo trascinò fuori, facendo saggiamente prevalere il buon senso sul coraggio.

- Cosa vuoi? – fece Ben, cercando di mascherare il fiato corto.

- Ti sei dimostrato coraggioso. Un LaMuerto non può ignorarlo. Questa situazione è controversa, forse potrebbe giovarti una spiegazione. -

- Una spiegazione di qualcuno che è di parte? -

- Sappi che il fatto che tu stia respirando, eroe, è una mia scelta. Non vorrei reputarla una scelta sbagliata. -

- Fabian…ma cosa stai…sei un bambino! – fece Reilly, ma dovette interrompersi.

Domingo sfoderò un artiglio dal piede e glielo puntò alla gola, con un movimento carico di una grazia alquanto macabra – Non so cosa la stia trattenendo dall’ucciderlo, señor, ma basta una parola ed io… -

Il Rosso gli afferrò il piede con forza. Con molta forza.

- E tu cosa? -

- Basta. Voglio che tu venga sul molo, dove hanno ritrovato la mia nave. Si, era mia; ti spiegherò. Domani a quest’ora. Ci sarai? -

- Io verrò, Fabian. -

 

Esterno del Centro di Detenzione – h.  16:58

Saltando la finestra dietro cui aveva lasciato i suoi abiti civili, Ben si rese conto di aver lasciato fuggire due criminali.

Criminali…un bambino di dieci anni ed uno al suo seguito…ma sarà veramente Fabian? Il piccolo Fabian LaMuerto, neanche lo conosco realmente… un ragazzino di dieci anni…è diventato un criminale assassino con la forza di Hulk, raggi ottici e poteri rigenerativi. Che cosa ho fatto per meritarmi di vedere cose del genere? Come posso…ma che succede?

Il gigantesco spiegamento di forze all’esterno lo sorprese; un centinaio di agenti erano schierati di fronte all’edificio, mentre tre squadra di SWAT correvano verso l’entrata ed alcuni camion stavano arrivando in quel momento. Un secondo dopo, lo sceriffo Higan lo vide.

- Scendi dalla finestra lentamente, strisciando sul muro! – ordinò.

- Ehi, vi mancano i carri armati! – fece ironicamente Ben.

- Cosa…? – disse fra sé lo sceriffo - …accidenti…base, chiamate quelli dell’esercito, voglio almeno tre carri armati… - disse in una ricetrasmittente.

Nella folla, così agitata, Ben non vedeva i suoi colleghi. Sperava stessero bene, ma non poteva far nulla. In compenso vedeva un volto tutt’altro che amico: Ken Ellis stava quasi in prima fila, con accanto una foto reporter.

Jessica!

- Ora scendi, Ragno, o apriremo il fuoco! – fece Higan.

Jessica che lavora accanto a quello sciacallo. Cioè, lo sapevo però…che effetto stare dall’altra parte dell’obiettivo e vederla vicino all’uomo che vuole distruggermi.

- Scendi, ho detto! Conterò fino a… - ma Ben si era già defilato, portandosi via i suoi abiti civili; era allenato ad indossarli in fretta, così non ci impiegò più di una ventina di secondi a far sparire il Ragno Rosso e far tornare il suo alter ego. Il posto, distrutto, sembrava deserto, ma il senso di ragno dava altre notizie. Le squadre d’emergenza erano entrate; parte del terzo padiglione si era svuotato.

Un’evasione di massa…diamine, come potevo occuparmene mentre combattevo Tarantula Nera?Già così me la sono cavata con ferite più o meno superficiali…

Ben mentiva a se stesso, provava un dolore non indifferente nello stare in piedi, probabilmente una lieve incrinatura di qualche costola. Improvvisamente il pizzicore si fece più intenso, e un attimo dopo il Ragno si ritrovò a terra con un fucile puntato contro.

- Sceriffo…ne abbiamo preso uno… - disse l’agente nella radio.

- NO! Sono l’ispettore Reilly… - l’eroe cercava di sembrare preoccupato, ma in realtà si sarebbe potuto liberare di quel tizio in meno di un secondo; si era volontariamente lasciato immobilizzare.

- Zitto feccia… -

Dall’altra parte della ricetrasmittente si udì un vociare.

- È lì? Gliel’avevo detto, Higan… -

- Tenente Lennon si calmi… -

- Gli dica di rilasciarlo subito! -

- Ehi, lascialo andare…anzi portalo qui, è un CSI. -

I polmoni di Ben avevano bisogno di ossigeno. L’ultima volta che l’avevano respirato era misto a gas lacrimogeno, e la respirazione, o più che altro gli affanni, era stata interrotta dall’incontro ravvicinato con una finestra.

- Dove ti eri cacciato, Ben? – fece Shirley appena lo vide.

- Beh… - rispose.

- Sono un tuo superiore, mi devi una spiegazione. -

- Ovviamente…ho sentito di quel tizio all’entrata e sono corso verso un'uscita, volevo intercettarlo.-

- Farti ammazzare insomma…e come mai non ci sei riuscito? –

- Sarei uscito, ma qualcuno deve avermi colpito…un evaso, probabilmente… - aveva così spiegato anche le ferite, in particolare quella alla tempia.

- …Reilly… - cominciò Shirley, chiamandolo per cognome - …ho già notato quanto ti piaccia giocare all’eroe, ma nel nostro lavoro può essere pericoloso. -

- Il nostro lavoro è pericoloso. -

- Siamo d’accordo, ma il tuo compito è raccogliere prove…forse tu non volevi passare al… -

- No, no…il CSI è…ciò che desideravo. Solo che a volte, nel pericolo, nell’azione… -

- Devi rimanere lucido, Ben. Pensare a ciò che puoi fare e scegliere, con calma. -

- Non te lo posso promettere. Se ho la possibilità di fare qualcosa io sento di avere una responsabilità a cui non posso sfuggire. -

- Hai mai pensato che una prima responsabilità è quella di rimanere vivo? In fondo puoi rimanere vivo, quindi secondo il tuo ragionamento… -

- Vorrei che fosse così semplice… -

- Ne riparleremo. Ora vai a farti medicare. -

Styne, il medico legale, stava dando una mano ai paramedici appena arrivati. In realtà i feriti erano pochi, qualche evaso, alcune guardie, perciò fu facile occuparsi di Ben.

- Caspita…hai una cicatrizzazione davvero rapida! – notò, guardando la ferita sulla fronte.

- Già…credo che sia di famiglia… -

- Ok, sei a posto. Per quei dolori… -

- Se escludi che si tratti di un danno grave, so cosa fare. -

- Direi una forte contusione, ti verrà un bel livido, ma niente di più. Sei un tipo tosto! – fece il dottore ridendo e dandogli una pacca sulle spalle. Poco dopo dovette allontanarsi a causa di un ferito più grave. Ben cercò di riposare, appoggiandosi ad un camion.

- Ispettore Reilly… - quella voce era purtroppo familiare.    

- Ancora lei? – fece Ben, fissando Ken Ellis dritto negli occhi. La promozione a CSI era stata come un tonico per la psiche di Reilly, ora si sentiva più deciso che mai, anche se non sapeva cosa fare, non temeva quell’uomo.

- Ti stupisci? Te lo avevo promesso. Io non ti mollo, Ragno Rosso. Sai, ho appuntato che mentre il Ragno Rosso dava spettacolo, l’ispettore Reilly era dato per disperso e che è stato ritrovato dopo la scomparsa del vigilante. -

- Ero ferito. Un evaso mi ha aggredito. -

- Certo. Beh, comunque ti farà piacere avere una copia dell’Herald gratis… - detto questo, Ellis fece scivolare sul cofano di un auto una copia del San Francisco Herald. Il titolo in prima pagina recitava

Sono stato aggredito perché conoscevo l’identità del Ragno Rosso: Ken Ellis racconta

- Sono certo che apprezzi il buon giornalismo, vero Reilly? -

Ben represse il movimento di afferrare il giornale e assunse l’espressione più cinico-indifferente che gli riuscì.

- Lo lascio lì. Stavo pensando di denunciare quel tizio che mi ha aggredito. Magari sarai inviato a fare dei rilievi a casa mia. – Ellis si allontanò con tranquillità; aveva gettato l’esca. Era fatta.

L’articolo raccontava tutto, per filo e per segno; descriveva minuziosamente Dusk, il criminale che diceva di odiare il Ragno Rosso e che aveva distrutto le prove che l’eroe era…il nome veniva sottaciuto.

In mancanza di prove non mi permetto di fare quelle che potrebbero sembrare delle calunnie diffamatorie.

Così aveva scritto Ellis, esplicitando che riteneva che ci fosse una stretta relazione fra Dusk e il Rosso, più stretta di quello che poteva apparire. Aggiungeva inoltre che Dusk era stato avvistato anche a Portland, nell’Oregon, in alcuni laboratori di ricerche3 e che presto avrebbe indagato anche in questa direzione, per dovere di cronaca. Ovviamente non faceva riferimento al misterioso vuoto di memoria che aveva colpito Ken, ma d’altronde era facilmente trascurabile. L’articolo aveva fatto parecchio scalpore, o almeno così sentì dire Ben da alcuni colleghi; il motivo era da ricercarsi nel fatto che l’attività superumana era nuova a Frisco e la gente seguiva con interesse le vicende che l’Herald raccontava, dalla penna di chi veniva da New York e ne aveva viste tante. Ben non volle pensarci, sapeva che lo scopo di Ellis era unicamente quello di snervarlo e non voleva permetterglielo; erano altre le cose preoccupanti, come il destino di Fabian LaMuerto.

 

San Francisco, luogo imprecisato – h.17:04

Le figure lo scrutavano sempre. Alcune attendevano sicure, altre lo torturavano parlando.

Lo incontrerai e ti ucciderà.

Ti sei reso debole, ragazzo. L’avversario va attaccato alla gola, dissanguato rapidamente.

Portalo dalla tua parte.

- Tarantula Nera… - qualcuno era entrato nella stanza - …hai compiuto bene la tua opera. Domingo non ha parlato. -

Domingo mente. È uno sporco cane…

Ha mentito, il tuo suddito ha mentito.

Può ancora esserti utile.

Non ascoltare l’uomo. Non ascoltare Blas.

Ascoltalo.

- Potrebbe aver mentito…Blas… - disse Fabian, privo di forze.

- Ancora loro? Sono qui, ora? – Blas era molto anziano, sulla settantina. La sua barba appuntita e la testa calva, assieme alle sue sopracciglia appuntite e all’aspetto estremamente curato gli davano un che di imponente, nonostante la corporatura esile.

- Loro…ci saranno per sempre… - disse il ragazzo.

- Tarantula Nera… -

- Oggi un uomo mi ha chiamato…mi ha chiamato Fab… - lo schiaffo raggiunse il volto mascherato con rapidità.

- Per questo dubiti? -

- Blas…perché… -

- Andiamo. È necessario che tu…sai quello che ti aspetta, Tarantula Nera. Tu hai ricevuto molto potere e questo è ingiusto. Devi far valere questa ingiustizia. -

- Ti prego Blas…non voglio… -

- Finché sentirai ancora quel nome. Finché loro saranno qui. Ora vieni. -

I pugni di Fabian si strinsero; un attimo dopo scattò contro Blas. L’altro non si scompose, ma alzò rapido una mano davanti al viso di Tarantula e mormorò alcune parole silenziose. Fabian cadde in ginocchio davanti a quel gesto, completamente incapace di muoversi.

- Osserva la tua debolezza. Respira la tua incapacità. Questo elimineremo insieme, non avrò più la possibilità di fermarti quando avrai realmente raggiunto la maturità. Fino ad allora, ricorda che sei incompleto ed io non lo sono. Sei il più debole, solo per questo ho ancora potere su di te. –

La mente di Fabian si arrese lentamente a quel destino, assieme con quei muscoli paralizzati, così come la preda si lascia sbranare, una volta che non ha più fiato.

 

Fine parte 2

 

Nel prossimo numero...la fine! Chi è questo fantomatico “Blas”? Che legami ha con Tarantula Nera? E che intenzioni ha? Quante altre domande sarò in grado di scrivere?

 

 

 

Dedicato ad una donna speciale, che mi sta cambiando la vita...grazie...



1             Nel numero precedente, Ragno Rosso #5

                    2 Dispositivo di Identificazione Personale, collegato alla banca dati dell’AFIS

2                  3Ne “L’Uomo Ragno 18”, recuperabile sulla UE Spiderman: Season Three, capitolo diciottesimo

3                  4 In “Webspinners 11”.